
Questo racconto l’avevo scritto circa nove mesi fa, non
aveva un titolo ed era diverso, soprattutto nella forma. Infatti mi faceva
cagare. Infatti dopo un po’ l’ho cancellato. Una decina di giorni fa ho deciso
di riscriverlo, seguendo la traccia di quello che mi ricordavo dal precedente e
un’ispirazione forse nemmeno troppo casuale.
Quello che segue è il risultato…
È la prima volta che metto piede in casa sua. Ha una camera
bellissima, proprio come me la immaginavo, con i poster alle pareti e le sue
foto e le sue poesie e i testi delle sue canzoni preferite.
“Perché tu sai come farmi uscire da me,
dalla gabbia dorata della mia lucidità;
e non voglio sapere quando come e perché questa
meraviglia alla sua fine arriverà.
Musa: ispirami
Musa: proteggimi”
[Musa, Marlene Kuntz]
È seduta a gambe incrociate sul letto sfatto. Con le mani si
tiene le caviglie, poi, con un gesto timido ma sicuro, si mette a posto la
molletta nei capelli. È bellissima. E dannatamente eccitante. Mi parla. Mi
parla di lei, delle sue passioni, di quello che le piace: la musica, i libri,
le poesie… ne ha tanti di libri in camera. Mettiamo su un po’ di musica. E mi
invita a sedermi facendosi un po’ più in là tra i cuscini e le lenzuola
stropicciate.
Seduto di fianco a lei non sento più niente, come se mi
avessero spento i sensi. Non resisto – e chi potrebbe, chi le resisterebbe?
Sarebbe il peggior crimine che si possa commettere.
Così le prendo la mano, le accarezzo il viso – com’è
morbida… – la bacio – che buon sapore ha… Mi massaggia le labbra con lingua,
mentre l’accarezzo, mentre l’abbraccio, mentre la spoglio con una decisa
dolcezza.
Scopro che la passione ha un nome e un cognome.
Ci corichiamo sul letto, le bacio il collo e poi salgo su
con la lingua fino al mento. Ci baciamo ancora. Con le mani le alzo i seni e li
massaggio e li bacio e li lecco, prima uno poi l’altro e poi ancora e ancora. E
poi scendo. Con la lingua che non si stacca dal suo corpo, arrivo a quella
pancia piatta e morbida che mi fa impazzire. Le bacio l’ombelico. La giro e le
mordo piano il sedere sodo, e lo bacio e ancora lo mordo mentre lei si
spettina, e stringe le lenzuola fra i denti e si aggrappa con la mano al
cuscino. Chissà dov’è volata la molletta… La sollevo un po’ e con le dita le
apro le labbra come un bambino curioso che spia da dietro una tenda. Passo la
lingua in un fiume di lava incandescente. Così entro in lei, e il suo calore
entra in me. Lo sento spargersi in me, avvolgermi: siamo una cosa sola adesso.
Siamo un solo corpo che segue lo stesso ritmo, siamo una sola voce. E sento che
sto per venire e sento che ci siamo quasi e sento quella cazzo di sveglia che
suona.
FANCULO!
M’è successo ancora, l’ho sognata di nuovo. Sono le fottute
sette di un fottuto giovedì mattina qualsiasi. Mi sveglio e mi alzo dal letto
col cazzo in tiro. E, già di prima mattina, borbotto un “porcodio” sordo tra me
e me, o qualcosa di simile. Ma non serve, la delusione non passa, anzi. Non ho
neanche la voglia di masturbarmi, sarebbe come dargliela vinta. E mi sento già
abbastanza perdente oggi.
5 comments:
Bravo Cece a me questo racconto è piaciuto molto..senza tirare fuori neanche troppi giri di parole..sei schietto,volgare al punto giusto e diretto.E la sensazione da cazzo in tiro la mattina a parole non poteva essere resa meglio
grazie claudia, forse ho tirato anche una madonna che potevo evitare, ma qua sono abbastanza diffuse... e cmq chissenefrega! però grazie per il commento
Bello Cece, bello bello. Per inciso la madonna ci sta bene, non stai scrivendo un sussidiario :) Come ti ho detto per altre vie un pò Bukowski un pò Baricco :) Waiting for the next one!
grazie vale, grazie grazie. Come risposto per altre vie [ ;) ] ho dei progetti, ma bisogna lavorarci su ancora molto.
la settimana prossima vado in toscana, ma in una settimana di campeggio non so se prenderò appunti, vedremo cosa ci sarà e - soprattutto - se ci sarà da raccontare.
a presto.
Perdente di lusso!
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