Saturday, August 04, 2007

Giustizia per Federico Aldrovandi

Dal Web

Più di 580 (cinquecentottanta) giorni di sofferenza, di ricordi e di lotte. Questo è quanto sta costando la giustizia ai genitori di Federico Aldrovandi, 18 anni da nemmeno un mese quando è stato ucciso.
Ucciso perché ormai sembra sempre più difficile dire che è morto, purtroppo. Dico purtroppo perché Federico andrà a rappresentare un altro di quei tristi momenti della storia d’Italia in cui la Polizia ha dimenticato la sua funzione, il suo nobile scopo, e si è divertita a sentirsi onnipotente alle spese di chi l’onnipotenza non sa nemmeno cosa sia.


Tornava a casa da solo Federico quella notte del 25 settembre 2005, quando il sole sorgeva già, per diventare testimone dell’ennesima efferatezza di cui avremmo fatto a meno. Aveva un po’ di LSD in corpo, un po’ di smart drug che manco è proibita, niente di particolarmente allarmante e niente che lo avrebbe trasformato in una furia suicida. Ma è questo quello che finora ha voluto far credere la questura di Ferrara, teatro dell’evento, che quando la Volante è arrivata Federico era così furibondo da prendere a testate le pareti delle case. Ma di sangue sui muri non ce n’è, cosìccome non c’è traccia di cemento sul suo cranio martoriato, che invece presenta evidenti segni di colpi -pugni? Manganelli? Uno dei manganelli usati per immobilizzarlo dalla Polizia si è pure rotto. Pare lo tenessero al contrario, per picchiare col manico che fa più male. Così si blocca un ragazzo in stato di agitazione e con evidenti difficoltà respiratorie. Picchiandolo, ammanettandolo, tirandogli i capelli e inginocchiandosi sulla sua schiena. Ma Federico è morto. E’ stato ucciso, forse.

Il cuore si è fermato. Un attacco dovuto alle sostanze assunte, dice la questura. Uso eccessivo della forza, dice il Tribunale di Ferrara. Ci ricorda la storia di Carlo, tanto che sua madre Heidi ha sentito il bisogno di scrivere una lettera a Patrizia, la madre di ‘Aldro’. Che ha aperto un blog, perché non vuole solo tacere e non vuole solo aspettare. Il 20 giugno il Tribunale comincerà a discutere dei reati a capo dei poliziotti intervenuti quella sera. Si parla di omissione di soccorso -non l’hanno soccorso subito, e non hanno avvertito il personale medico- e poi cosa? Non so come il reato si chiami. So solo che consiste nel picchiare qualcuno in disavanzo numerico, in stato fisico e mentale debilitato, senza smettere nemmeno quando dice “basta”. Il cuore di Federico ha ceduto, per lo sforzo nel resistere alle percosse. I polmoni di Federico hanno mollato, perché con un uomo inginocchiato sopra è difficile respirare. Cos’altro è morto quel giorno?


1 comment:

Cesare Rensenbrink said...

le cose importanti non me le commentate mai...

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