Sunday, October 14, 2012

wlf... vive la france

Lo so, sono in ritardo. Ma ho avuto da fare, se mi permettete di pararmi un po' il culo vi dico che ho avuto un weekend impegnativo.
Questo racconto non era previsto, proprio non faceva parte dei miei progetti, ma, come potete vedere e leggere, c'è finito. Sarebbe un antefatto del racconto che ho scritto a luglio: vizi. Ripeto: non avevo proprio intenzione di fare, e invece...
E invece la colpa di tutto questo è del mio amico Burga: ha rotto talmente tanto i maroni per sapere cosa fosse successo a Marsiglia che l'ho dovuto accontentare. Magari, chissà, ho accontentato anche qualcun altro.
Però una responsabilità al Burga l'ho lasciata: il titolo l'ha deciso lui. Infatti fa schifo.



“aquì se folla!”
Farfugliò eccitato. Sembrava un incrocio tra un sorcio e un ladro, Luis. Eravamo lì con lui al vieux-port diMarsiglia, io e Charlie. 
Conosceva delle puttane ovunque, Luis. “Delle amiche”, eravamo abituati a sentirci dire. Luis veniva da Rosario, Argentina, “la ciudad nadal del “Che” Guevara”,  sottolineava sempre con orgoglio. Come fosse finito fin qui era ancora un mistero. C’è chi diceva che aveva guai con la polizia nel suo Paese, chi aveva sentito dire che era scappato per colpa di una donna e chi fosse un calciatore, che per un motivo o per l’altro, non era riuscito ad imporsi in Europa.
“per me è un’inculata”
Una sentenza, Charlie: non sifidava mai, soprattutto del piccolo argentino. Luis, camminando, pestò una pozzanghera senza farci caso schizzando i pantaloni di un passante. Le strade erano bagnate, aveva appena smesso di piovere. Una di quelle piogge verticali, le nuvole grigie e pigre. Il cielo opaco e statico si lasciava andare tra le braccia di quell’autunno. Le foglie morte facevano mucchio con qualche mozzicone e qualche cartaccia gettati ai bordi delle strade. Luis aveva una voglia di figa pazzesca. Si sentiva troppo vivo e troppo nel vivo.
Girato un angolo suonammo a un campanello. Ci aprirono il portone poi, su per le rampe di scale, arrivammo alla porta. La trovammo socchiusa. Entrati e ci apparve Aisha in vestaglia. Piccola, magra, mora, mezza magrebina. Occhi scurissimi, svegli, maliziosi. Ci offrì una tazza di tè arabo “gradite?”. Era molto premurosa e ospitale, continuava a scusarsi perché le amiche non erano lì, “mi prenderò cura io di voi”.
Charlie a una pacca sulla spalla aggiunse “ehi Luis, non ti preoccupare ce ne andiamo a fare un giro io e Vecchio, goditi la serata”
“nemmeno un te?” insistette Aisha
“se non c’è un po’ di spirito non fa per me” sorrise tirandosi dietro me e la porta.
Era bravo Charlie a mettere aposto le cose e a evitare imbarazzi. Grazie al suo savoir fer ce ne andammo con l’animo leggero in una brasserie da quattro soldi a mangiare qualcosa e bere il giusto per far accadere qualcos’altro.
E così ci ritrovammo sbronzi, apparecchiati a una tavola con la classica tovaglia a quadretti biancazzurri, a stappare bottiglie di vino argentino e cileno. Tappi che saltavano manco fossero botti di capodanno.
Costretti dall’alcool e dall’indole molesta a cacciarci nei guai. Costretti dall’oste e dalle cattive maniere a lasciare la locanda. Espulsi, come i bambini cattivi da scuola, come un fallo da ultimo uomo.
“cazzo ridi coglione, che hai pure la camicia strappata”
“sei seduto su una pozza di piscia, scemo”
Il buonumore non manca mai, nemmeno tuttora.
Ma non ne avevamo ancora avute abbastanza, era proprio il caso di dire: una sorpresa ci aspettava dietro l’angolo. Ci ricordammo di Luis, dimenticato nell’appartamento dell’”amica” al porto. Girato il fatidico angolo, eccolo là: nudo. Un regalo spacchettato la mattina di Natale da una bambina di nome Aisha. Nudo e tutto preso a riempire di calci e pugni un placido furgoncino Renault bianco.
Ci avvicinammo facendoci largo tra una piccola folla di curiosi, più divertita che spaventata.
“lo sapevi che aveva Maradona tatuato su un fianco?”
“e tu lo sapevi che aveva il “Che” tatuato sull’altro?”
“il sacro e il profano…”
il placido furgoncino Renault bianco continuava ad incassare colpi con grande dignità.
C’è sempre qualcuno che se la prende con chi non ha colpa.
Luis continuava a bestemmiare ed inveire in castellano.
“mi ha drogato e portato via tutto, la puttana”. Le mutande no, mi spiegarono in seguito, quelle non le ha mai indossate.
“se la ribecco, giuro: la stupro in un angolo che puzza di piscia mentre se caga de miedo…”
delle sirene in avvicinamento lo interruppero. Bastò mezzo sguardo d’intesa con Charlie
“presto copriamolo e portiamolo via, arriva la gendarmerie, cazzo!”

5 comments:

Anonymous said...

Piaciuto molto. La mia parte preferita è comunque l'introduzione.
Ciao!

Campa

Cesare Rensenbrink said...

Ciao Campa, grazie per aver letto... come sempre!

Ci becchiamo in giro a bere una birra!

Anonymous said...

Bello...ha un non so chè di familiare.
Keep writing bro, non sei così male come pensavo.
Dovresti provare a scrivere qualcosa di più lungo.
Aqui se folla ahahahah

Charlie

Cesare Rensenbrink said...

Non li scrivo più lunghi perchè ho poco tempo, e a volte credo mi romperei i maroni...
ma ci sto provando.
vi amo. a presto.

Gio said...

Il tuo uso del passato remoto mi fa commuovere,scrittura d'altri tempi,appunto perchè parli al passato.
lettura gradevole come al solito Cece,sei tutti noi.

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