Non ho più voglia di scrivere. O meglio, non
ho voglia di scrivere cose lunghe e complicate. Per adesso, per oggi preferisco
limitarmi a qualche riflessione e condividerle con chiunque abbia voglia di
passare di qua e leggere. Nelle ultime settimane (mesi, forse) ho scritto
un racconto che mi ha portato via energie, senza nemmeno convincermi del tutto.
Poi ho scritto qualche lettera, ma non le ho mai inviate. Non le ho mai inviate
perché forse m'è mancato il coraggio di farle recapitare. E poi, come sempre,
finivo per parlare di me. Egocentrico. Finivo per parlare di me dimenticandomi
così una cosa: quelle lettere le stavo scrivendo per altre persone, per
qualcuno che non ero io. Bisognerebbe sempre scrivere per gli altri, mettendo
la propria sensibilità al servizio del lettore, anche s'è solo uno. Eppure
quante volte avrò detto: scrivo per me, per mettermi ordine in testa. E me lo
sono anche tatuato su un braccio. Scrivere per se stessi potrebbe essere
un punto di forza, come potrebbe essere benissimo un limite. Ancora non so
capire quando e quanto sia uno o l'altro. Ho smesso di vedere le cose o tutte
bianche o tutte nere. Certo non le vedo a colori, diciamo che, come un film
anni '50, appaiono diverse sfumature di grigio che danno contorni e sostanza a
tutto ciò che ci circonda. Eppure siamo tutti sfumature. Buoni e cattivi
esistono solo nelle favole. Potrei essere il migliore per lui e allo stesso
tempo il peggiore degli stronzi per te. Ed entrambi avreste certamente le
vostre ragioni. Ci stavo pensando l'altro giorno: saremo sempre il cattivo
di qualcun altro.
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