Thursday, June 13, 2013

Civico 24

Sfrutto questa pausa pranzo per pubblicare un estratto di un racconto che ho scritto pensando un po' ai bei vecchi tempi, quelli in cui s'andava alla salagiochi. Un posto dove dentro trovavi di tutto. Ma proprio di tutto. Ho provato a immaginare dei personaggi e delle situazioni anche banali, ma che potessero esasperare un po' alcune delle caratteristiche di quelle tante persone che ho incontrato là dentro.
Be' insomma, a volte mi chiedo: perché devo sempre spiegarvi tutto?

Notte. Vicolo. Odore di piscio da una parte, una pozza di sbocco ancora caldo dall'altra. Cartacce, mozziconi di sigarette e bottiglie riempivano gli altri angoli. La città portava sul volto tutte le ferite del sabato sera.
Camminava ai bordi della strada, Martino. Bestemmiava dio e la madonna per il freddo mentre la strada che si lasciava alle spalle veniva mangiata passo dopo passo, boccone dopo boccone dalla nebbia. Un vecchio ubriacone, seduto sul marciapiede, raschiava in gola, raschiava e raschiava insistendo finché non sputò catarro verde per terra. Nessuno dei due fece caso all'altro. Martino proseguì, girò a destra e s'infilò sotto un portico. Mancava poco, Cosimo lo aspettava proprio sotto i portici, dalla Feltrinelli.
Cosimo gli dava sempre appuntamento lì, dalla Feltrinelli. Gli faceva strano a Martino, tutte le volte incontrarsi col suo grossista di fiducia davanti a una libreria, loro che avevano letto sì e no quattro libri in due. Ma alla fine non gliene fregava un cazzo, l'importante era andare là, pagare, tornare al bar di merda, prender su la Giusy, farsi sta gran cagnata e poi sconvolgersi. Anzi, prima si sarebbe sconvolto e solo dopo essersi ripreso sarebbe andato a farsi stan gran cagnata con quella figaccia marcia della Giusy. Ch'era nervoso Martino, c'aveva sta gran voglia e non ce la faceva più a trattenersi. Accelerava. Adesso era lui a mangiarsi la strada e la nebbia passo dopo passo, boccone dopo boccone. Tra un'arcata e l'altra scorse, a una dozzina di metri, un'ombra: era Cosimo che l'aspettava.

"Ehi amico mio"
"Ciao Co' tieni i soldi - stringeva cinquanta carte in mano, stropicciate, sudate e umide, gliele infilò in tasca - dai, dammi tutto che son di fretta"
"Non ce l'ho."
"Cosa?"
"Non ce l'ho, Martino"
"Cazzo vuol dire non ce l'ho!?" Ruggì Martino
"Martino guarda che non stanno addosso solo a te, non ci sei solo tu a farti, brutto figlio di puttana tossico che non sei altro, stanno addosso a tutti, anche a me, alla Giusy, al Raffa, a Spaggio, a tutti, cazzo. Anche al Gianni. A tutti."
Si passò una mano tra i capelli, Cosimo, bestemmiò e guardò con comprensione Martino. "Devi avere pazienza, aspetta ancora un paio di giorni."
"Un paio di giorni? Un paio di giorni!? - gli si aggrappò con entrambe le mani al bavero della giacca - ma porcoddio Co', bastardo traditore d'un terrone di merda, me la devi dare adesso, avevi detto che ce l'avevi, stronzo!"
"Calmati Martino, cazzo, non urlare"
"Non urlare un cazzo! Io ne ho bisogno, adesso, subito!" e iniziò a strattonarlo più forte, Martino, e a urlare e piangere e bestemmiare. S'accese una luce a una finestra. Poi un'altra. Cosimo non era il tipo da farsi prendere dal panico, ma nemmeno uno da farsi prendere per il bavero da un tossico. Rifilò una testata a Martino che stramazzo per terra col naso sanguinante.
Lampeggianti. Cosimo prese la prima laterale sulla destra e si fece inghiottire dalla nebbia. “Cazzi tuoi adesso, Martino”, pensò Cosimo e se ne tornò agli affari suoi con cinquanta carte in più da spendere.

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